In India mancano ossigeno, letti d'ospedale e forniture mediche e migliaia di persone muoiono ogni giorno. La variante indiana del Covid-19 è molto contagiosa. Tobias Buser, responsabile per Azione Quaresimale dei programmi India e Madagascar (nella foto), ne ha parlato con il coordinatore locale del programma India.
Come state affrontando la situazione, come state?
Con l’India in uno stato di totale caos e paura e con le varie chiusure locali imposte dalla pandemia, è difficile per tutti noi non venir toccati dal nervosismo generale e dall’attuale crisi. Durante la prima ondata noi e le nostre famiglie non abbiamo avuto morti causate dal Covid-19, ma ora alcune persone vicine al personale sono morte a causa della variante virale mutata. Fortunatamente, il personale stesso e le comunità Adivasi e Dalit con cui lavorano non sono stati finora contagiati e non si sono persi d’animo dimostrando tenacia nel portare avanti i progetti, via telefono cellulare quando il contatto diretto non è possibile.
Come può continuare il lavoro nei progetti in queste circostanze?
Le severe restrizioni di viaggio hanno ridotto il numero delle organizzazioni che si potevano riunire a livello regionale, da 20-30 villaggi a solo 5-10 villaggi, per poter continuare il lavoro programmato prima della pandemia. Queste piccole reti, create per necessità l’anno scorso durante la prima ondata della pandemia, stanno funzionando bene e permettono di raggiungere i gruppi di beneficiari, anche se meno persone alla volta. Nonostante l’assoluta insicurezza e la fragilità del sistema sanitario del paese, le nostre organizzazioni partner hanno coraggiosamente continuato il lavoro, con il processo di empowerment, che promuove e rafforza le reti, portato avanti principalmente da animatrici e animatori che provengono dalle stesse comunità Dalit o Adivasi. Anche prima della pandemia, ci siamo concentrati sulla formazione di personalità forti provenienti direttamente dall’interno dei gruppi target, che ora garantiscono la continuità del lavoro di progetto a livello di villaggio.
Nel Nord globale, la questione dominante è la vaccinazione contro il Covid-19. Vale lo stesso nei gruppi indigeni Adivasi e Dalit?
L’incertezza sugli effetti collaterali e i casi di complicazioni resi noti dopo la vaccinazione hanno portato allo scetticismo delle organizzazioni partner e della popolazione locale. C’è inoltre attualmente una carenza di vaccini che non sembra migliorerà nel prossimo futuro.
La fiducia degli Adivasi e dei Dalit nella medicina tradizionale a base di erbe e nei guaritori tradizionali rafforza il loro sistema immunitario proteggendoli sufficientemente dal virus. Le persone coinvolte nei nostri progetti mostrano, al momento, poca volontà alla vaccinazione.
Cosa manca e cosa è più urgente?
L’accesso all’assistenza sanitaria di base è la loro massima priorità, visto che il sistema sanitario è attualmente completamente al collasso. Molte persone stanno morendo per malattie che sono in realtà facili da curare, perché non hanno accesso al trattamento o alle medicine. Sarebbe inoltre urgentemente necessario per il lavoro, la scuola e la famiglia, che la libertà di movimento venga nuovamente ripristinata.
E il cibo e il lavoro? Come può la gente assicurarsi il proprio sostentamento durante pandemia?
Le chiusure e le restrizioni di movimento nel paese hanno eliminato la maggior parte delle opportunità di guadagno per le persone, come per esempio i programmi governativi per la creazione di posti di lavoro. Avendo però promosso nei nostri progetti l’agricoltura di sussistenza, ora ne stiamo raccogliendo i frutti: le comunità sono state in grado di assicurare la loro alimentazione di base durante la pandemia e le organizzazioni partner hanno aumentato la collaborazione con le rispettive amministrazioni distrettuali e sanitarie, per sostenere la distribuzione di riso, cibo, mascherine e medicine, e altri beni di prima necessità alle comunità.
C’è mai stato un simile disastro di salute pubblica in India?
In passato ci sono stati disastri naturali e calamità, ma dall’Indipendenza dell’India non c’è mai stato un disastro nazionale di questa portata.