La situazione attuale

Haiti: una crisi perenne

03.06.2024

Disastri naturali devastanti, interferenze esterne problematiche, corruzione palese e una tragica storia coloniale: sono molte le ragioni di una crisi che sembra non avere fine. La situazione complessa del Paese richiede una maggiore attenzione da parte della comunità internazionale, che però deve concentrarsi sul benessere della popolazione haitiana piuttosto che sugli interessi commerciali o politici delle nazioni donatrici.

Testo: Ralf Kaminski, redattore presso Azione Quaresimale

La popolazione autoctona, ovvero gli indigeni Taino, chiamavano la loro isola “Kiskeya” (terra meravigliosa) o “Ayiti” (terra montuosa), da cui deriva il nome Haiti. Tuttavia, la tragedia dell’isola oggi nota come Hispaniola e condivisa tra Haiti e la Repubblica Dominicana, iniziò nel 1492 con l’arrivo di Cristoforo Colombo. Si dice che all’epoca vi abitassero centinaia di migliaia di indigeni, che furono decimati dapprima dalle epidemie introdotte dai conquistadores spagnoli e poi, nel 1503, da un sistema di lavoro forzato di tipo schiavistico.

Alla fine del XVII secolo, la Francia conquistò la parte occidentale dell’isola e la condusse a un’enorme prosperità economica, basata sulla coltivazione della canna da zucchero e del caffè. Saint-Domingue, come era conosciuta allora Haiti, era considerata la perla dei Caraibi e la colonia più ricca della Francia. Negli anni 1780, circa il 40 per cento dello zucchero e il 60 per cento del caffè consumati in Europa provenivano da Haiti.

Questa prosperità era possibile solo grazie alla deportazione annuale di decine di migliaia di persone dall’Africa, che venivano ridotte in schiavitù e costrette a lavorare in condizioni disumane, tanto che molte di loro non sopravvivevano. I profitti principeschi, nel frattempo, finivano in Francia.

La Rivoluzione fra libertà e nuovi problemi

Nel 1791, ispirati dalla Rivoluzione Francese, gli schiavi di Saint-Domingue (che all’epoca costituivano all’incirca il 90 per cento della popolazione totale dell’isola caraibica) si ribellarono, conducendo una lunga e sanguinosa guerra di liberazione che portò alla proclamazione dell’indipendenza nel 1804. Haiti divenne così la prima “nazione nera” indipendente, guardata con sospetto dalle vicine nazioni schiaviste, che temevano un possibile dilagare delle rivolte. Ma la gioia della libertà fu di breve durata. L’élite degli ex combattenti per la libertà assunse rapidamente il controllo del Paese, instaurando nuovi sistemi di oppressione. Inoltre, la Francia impose pesanti risarcimenti come condizione per riconoscere l’indipendenza haitiana, minacciando un nuovo conflitto in caso di mancato pagamento.

Membri di un progetto di Azione Quaresimale ad Haiti.
Membri di un progetto di Azione Quaresimale ad Haiti.

La ricchezza di Haiti confluì in Francia

Secondo una ricerca del “New York Times” del 2022, Haiti ha pagato alla Francia l’equivalente odierno di oltre 100 miliardi di dollari, «probabilmente il debito nazionale più abbietto della storia». Stando ai ricercatori se queste risorse fossero rimaste nel Paese e Haiti e fossero state investite nello sviluppo della popolazione, dell’economia e delle infrastrutture, Haiti potrebbe oggi godere di un livello di sviluppo simile a quello della vicina Repubblica Dominicana.

Invece, il Paese fu costretto a focalizzare la propria economia dapprima sulla produzione di caffè e poi di legno tropicale per risarcire somme spaventose all’estero. In breve tempo, ciò causò la scomparsa del 90 per cento delle sue foreste, con conseguenze drammatiche per l’agricoltura. Haiti dovette anche contrarre un debito estero e fu occupata e saccheggiata per due decenni dagli Stati Uniti.

Di fatto, lo sviluppo dell’economia haitiana rimase paralizzato per 125 anni. Il debito con la Francia fu saldato solo nel 1950 e il Paese a tutt’oggi si rifiuta ancora di compensare adeguatamente questo debito storico. E mentre la popolazione soffriva, una piccola élite haitiana continuava a condurre una vita agiata grazie a leader dittatoriali e a una corruzione endemica.

L’Effetto delle catastrofi naturali e dell’instabilità politica

A ciò si aggiunge il fatto che Haiti è regolarmente colpita da disastri naturali, tra cui il terribile terremoto del 12 gennaio 2010 (il più violento nella storia del Nord e Sudamerica) che devastò Port-au-Prince, causando 300’000 morti, centinaia di migliaia di feriti e 1,8 milioni di sfollati. Haiti è anche ripetutamente colpita da uragani e siccità devastanti. Tra il 1998 e il 2016, vari disastri naturali hanno causato danni per oltre 12,5 miliardi di dollari.

La situazione politica, dopo il rovesciamento della famiglia dittatoriale e altamente corrotta dei Duvalier nel 1986, è rimasta instabile. Dall’assassinio del presidente Jovenel Moisé nel 2021, prevale un’anarchia di fatto. Ampie zone della capitale sono controllate da bande criminali e rapimenti e omicidi sono all’ordine del giorno. La polizia è completamente esautorata – e spesso è essa stessa corrotta. Chi può, lascia il Paese. E così si perdono le menti più brillanti di cui Haiti ha urgente bisogno. 

Sfruttamento invece di investimenti

Un altro fattore significativo dei problemi del Paese è la mancanza di grandi investimenti internazionali. «A differenza di altri Paesi caraibici, Haiti non ha mai attirato grandi investimenti internazionali, né nell’industria dello zucchero né nel turismo, che è fiorito a partire dagli anni ’70», spiega il coordinatore di Azione Quaresimale ad Haiti. Tali investimenti non solo stimolano l’economia, ma costringono anche gli investitori a prendere le decisioni giuste per proteggere i loro interessi».

La comunità internazionale ha invece sostenuto un’élite economica locale corrotta, interessata a ottenere rapidi profitti dal commercio import-export. «Certo, Haiti è in parte responsabile della situazione attuale», ammette il nostro coordinatore, di cui non riveliamo il nome per motivi di sicurezza. «Ma per più di 30 anni, i vari governi hanno preso le loro decisioni strategiche in complicità con le richieste dei Paesi donatori internazionali o sotto la loro pressione. La responsabilità è quindi condivisa».

Aiuto esterno indispensabile

Il fatto che l’attenzione della comunità internazionale sia attualmente concentrata su altre zone calde rende la situazione ancora più grave. «Questo non sorprende nessuno qui», afferma il nostro coordinatore. «I conflitti in Ucraina e a Gaza hanno un’importanza geostrategica che Haiti non ha. E la tragedia umana non è sufficiente a mobilitare le risorse necessarie.»

Eppure Haiti ha un disperato bisogno di aiuti esterni, nonostante le esperienze spesso negative degli ultimi decenni. «È fondamentale coinvolgere la popolazione haitiana nella risoluzione delle sfide, come sta facendo Azione Quaresimale sostenendo le organizzazioni partner locali.»

Per migliorare la situazione, è necessario un minimo di stabilità politica sotto forma di un governo di transizione e il ripristino della legge e dell’ordine con l’assistenza esterna. «Sono necessarie anche elezioni libere e un governo funzionante», aggiunge Benno Steffen, responsabile del programma Haiti di Azione Quaresimale. Egli teme che la precaria situazione della sicurezza possa estendersi ad altre zone del Paese.

Una contadina al lavoro nell'orto.
Una contadina al lavoro nell'orto.

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